Scuola Secondaria – Progettazione: limiti e creatività

Tecnologia è una disciplina che si svolge e vive all’interno del laboratorio, in cui si utilizzano attrezzi e materiali. Il blocco della didattica in presenza inizialmente è sembrato un ostacolo insormontabile, ma è nata subito la domanda su quali strade si potessero percorrere per mantenere vivo l’aspetto essenziale della disciplina, cioè la progettualità e la conseguente operatività.

È nata quindi l’idea di proseguire il percorso di architettura, iniziato in classe, utilizzando altre vie. Dapprima ci siamo concentrati sulla restituzione grafica delle facciate di Santa Maria Novella e dell’Ospedale degli Innocenti a Firenze, lavoro di osservazione e disegno. In seguito è stato proposto ai ragazzi un percorso di rielaborazione progettuale e realizzazione.

Ognuno ha scelto, prendendo spunto da immagini, foto di viaggi, ricordi significativi, di lavorare sulla progettazione personale di una chiesa. La mancanza di materiali adeguati e attrezzi ha scatenato la creatività. Sono stati utilizzati cartoni di recupero, bastoncini in plastica di sostegno per le piante, cannucce ecc. Il passo finale è stata la creazione di un PowerPoint in cui esplicitare le ragioni delle scelte fatte sia a livello progettuale sia operativo, il contesto didattico, ripercorrere le fasi di lavoro e riflettere sull’esperienza fatta.

Certo, la mancanza di materiali e attrezzi ha influito sul risultato del lavoro, ma sicuramente i ragazzi hanno percepito che se c’è un io che vive da protagonista, ogni situazione limitata può diventare risorsa.

Prof. Nives Sorrenti

Finisce l’anno la scuola non si ferma

Si avvicina la fine di questo anno scolastico ma la scuola non si ferma qui. Un’intervista doppia alla direttrice della Scuola Primaria, Lucia Vanni, e al preside della Secondaria, Lorenzo Bergamaschi per presentare il programma degli ultimi giorni di questo anno scolastico tra lezioni speciali, incontri con professionisti e l’avvicinarsi dell’inizio di una nuova avventura scolastica.

 

Liberi di educare anche in questi strani giorni

Ci eravamo sfidati all’inizio del lockdown a trovare i ‘diamanti’ nascosti in questi strani giorni. L’incontro Liberi di educare con Silvio Cattarina e due ragazze della Comunità terapeutica l‘Imprevisto si è rivelato un aiuto preziosissimo in questa nostra ricerca, dando testimonianza di un rapporto educativo libero e vero, vincente anche nelle circostanze più buie.

Liceo Classico – Cambiare atteggiamento

“Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema. Io non potevo cambiare la situazione e non posso tuttora, ma potevo cambiare il mio atteggiamento”.

Così Maria, studentessa di 5^ del Liceo Classico, racconta cosa è accaduto in questi strani giorni. Un altro dei tentativi sorti in questo momento di emergenza che stanno cambiando la vita delle nostre scuole e di chi le vive quotidianamente.

I primi giorni di quarantena continuavo a lamentarmi e a chiedermi il perché di questa situazione. Mi domandavo perché proprio quest’anno che è il mio ultimo da liceale, anno che dicono tutti essere il più bello, in cui si cresce tanto e si capisce molto di sé stessi. La prima settimana è passata così, tra una lamentela e l’altra. Poi ho capito che lamentandomi non avrei risolto nulla, non è di certo la mia lamentela che sconfigge il virus.

Dunque mi è venuta in mente una frase che da sempre mi sta a cuore: Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema. Ed era vero, io non potevo cambiare la situazione e non posso tuttora, ma potevo cambiare il mio atteggiamento. Così ho iniziato a smettere di lamentarmi e a stare di fronte alla realtà che mi era data anche se non era pensata e voluta da me. Il non poter fare ciò che avevo programmato e che desideravo, mi ha fatto veramente capire che la vita ci è stata data e, in quanto tale, non è nostra e non dipende da noi. Mai prima d’ora mi era stato chiaro che la vita è un dono e che non sono io che la faccio.

Inoltre, dovendo seguire le regole stabilite dal governo, bisognava passare l’intera giornata in casa.

Dunque avevo molto tempo a mia disposizione a cui non ero abituata, la vita normale era un continuo incalzare di impegni. Ho coltivato alcune mie passioni che, per la vita frenetica, non riuscivo a fare e ho avuto anche molto tempo per riflettere. Tante volte siamo succubi degli impegni e quasi non abbiamo neanche il tempo di fermarci a pensare.

Da queste riflessioni ho tratto ciò che ho imparato e sto imparando in questo periodo. In un periodo in cui non si poteva vedere nessuno e in cui non si aveva alcun tipo di contatto reale con gli altri, ho imparato a distinguere quali sono i rapporti per me significativi e quali no.

È stato evidente che avevo la necessità di sentire alcune persone e che questi rapporti potevano cambiare la giornata.

Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco, e non ce la fai più. E dun tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno – uno sguardo umano -, ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice.

Andrej Tarkovskij, Andrej Rublëv

Mi ha aiutato anche a capire chi mi vuole bene veramente. Ho notato che molti rapporti si sono solidificati e che c’è qualcosa di grande che li rende vivi.

Mi sono anche resa conto di quali sono gli ambiti in cui metto in gioco tutta me stessa, ambiti che sento vicini anche se lontani fisicamente. Ad esempio ho riscoperto il valore della scuola e della pallavolo. Prima questi luoghi erano per me un’abitudine e a volte ci andavo per obbligo e controvoglia, senza dargli troppa importanza. Quante volte abbiamo sperato in una nevicata che ci impedisse di andare a scuola? Adesso invece faremmo di tutto pur di tornarci.

In questi giorni difficili mi sono resa conto di quanto questi due ambiti siano incisivi nella mia vita. Sono ambiti in cui mi sento voluta bene e guardata per quella che sono , senza dover indossare maschere o altri mezzi per piacere e per essere accettata.

Chissà se un giorno butteremo le maschere/ che portiamo sul volto senza saperlo./ Per questo è tanto difficile identificare/ gli uomini che incontriamo.// Forse fra i tanti, fra i milioni c’è/ quello in cui viso e maschera coincidono/ e lui solo potrebbe dirci la parola/ che attendiamo da sempre.

Eugenio Montale

Mi hanno colpito molto i miei professori e il mio allenatore di pallavolo, il loro atteggiamento nei miei confronti: un domandare, un interessarsi non scontato, un essere presenti. Proprio dal loro atteggiamento è nato il mio desiderio di insegnare e di essere come loro.

Mi ha stupito anche la mia posizione nei confronti dello studio. Non avendo scadenze e pressioni ho avuto la possibilità di studiare cercando qualcosa per me. Non era uno studio finalizzato al voto, ma per una scoperta personale. Molte volte l’obiettivo di noi studenti è riuscire a fare più materie nel minor tempo possibile, così da potersi dedicare ad altro, rischiando però di perdersi il bello di ciò che si sta studiando. È stato impressionante come lasciandosi stupire e studiando avendo uno sguardo più attento e curioso, ho scoperto molte cose. Mi ha impressionato in particolare leggere testi di autori vissuti molti decenni fa e trovare qualcosa di vero per me, ora.

La cosa più preziosa che ho imparato da questo periodo è il valore delle singole cose. Ho appreso che nulla è scontato e solo ora sto capendo quanto valore può contenere un piccolo gesto. Vedere un amico, dare un abbraccio, prima era un’abitudine ed erano gesti di cui non mi rendevo conto dell’importanza che avevano. Per esempio, prima sottovalutavo lo stare in famiglia. Ognuno aveva i suoi impegni e i suoi orari quindi era già difficile fare una cena insieme. Invece in questa circostanza ho riscoperto ogni singolo componente di essa e mi sono accorta di quanto siano fondamentali. Ho recuperato il valore dello stare in famiglia.

Abbiamo vissuto il virus da protagonisti, mio papà è stato ricoverato e questo indubbiamente ha portato a molti pensieri e paure. In casa dunque è subito cambiato il clima, ognuno doveva pensare anche agli altri, aiutare nelle piccole cose quotidiane, curare i fratelli piccoli. C’era un’attenzione reciproca commovente che permetteva di stare di fronte a una realtà che nessuno avrebbe voluto.

Io mi sento molto arricchita e ho conosciuto tanti miei aspetti che prima ignoravo o mi erano oscuri. Penso sia stato un periodo significativo per tutti per comprendere fino in fondo ciò che ci sta a cuore. Ho voglia di tornare alla realtà di tutti i giorni con una nuova consapevolezza.

Da questo periodo in poi non potrò più dare nulla per scontato e ogni gesto sarà ricco di un valore immenso. Inizierò a guardare ciò che mi è dato come un dono e, memore di quanto ho scoperto in questo periodo, starò di fronte alla realtà essendoci pienamente.

Caro Theo,

ti scrivo per dirti quanto ti sono grato della tua visita.

Quando ti ho rivisto e ho preso a camminare con te, ho avuto una sensazione che da tempo non provavo più, come se la vita fosse qualcosa di buono e prezioso da tener caro. Mi sono sentito più vivo e più allegro di quanto non mi sia sentito da molto tempo, poiché man mano la vita è diventata per me meno importante, meno preziosa e quasi indifferente. Almeno, così credevo. Quando si vive con gli altri e si è uniti a loro da un affetto sincero, si è consapevoli di avere una ragione di vita e non ci si sente più del tutto inutili e superflui: abbiamo bisogno luno dellaltro per compiere lo stesso cammino come compagni di viaggio, ma la stima che abbiamo di noi stessi dipende molto anche dai nostri rapporti col prossimo.

Vincent Van Gogh        

Maria Cardani, 5^ Liceo classico

 

AfK – Diamo un 5 alle famiglie

In questi giorni di quarantena, bloccati in casa, all’improvviso ci si è palesata davanti una realtà, quella del Coronavirus, che sfugge al nostro controllo. Noi ragazzi di Alexis for Kenya (AfK), studenti dei licei della Fondazione Grossman, nel nostro piccolo vogliamo essere attivi e cercare un modo di renderci utili; tuttavia, come ci insegna l’esperienza di AfK, da soli possiamo fare ben poco. 

La forza delle singole realtà potrà esprimersi al meglio insieme: per questo invitiamo tutti a unirsi a noi nel contribuire e diffondere questo slancio comune, affinché si possano riunire sotto un’unica bandiera tutti gli amici della nostra bella Milano!

Noi di AfK abbiamo pensato di impiegare questa grande energia nel sostegno del fondo San Giuseppe, nato da Monsignor Delpini e dal sindaco Sala con lo scopo di aiutare le persone e famiglie economicamente colpite dalla pandemia. I nostri 5€, quelli con cui di solito prendiamo la colazione al bar, per loro possono essere preziosi. In questo slancio dobbiamo essere saldi e uniti. Perché altrimenti, chi ce lo fa fare?

Per sostenere l’iniziativa basta poco clicca qui

Scarica il volantino in pdf

Secondaria – E tutto mi sa di miracolo. Bottega di poesia

In questo tempo così particolare, le giornate potrebbero apparire simili: gli spazi che ci circondano sono sempre gli stessi, così come le persone che ci accompagnano. Eppure i poeti incontrati nel percorso di Italiano hanno fatto scoprire ai ragazzi di seconda della Scuola Secondaria che, a uno sguardo attento, la realtà si svela nel suo segreto, nella sua novità. Tutto comincia a parlare.

Alcuni studenti della Scuola Secondaria hanno accolto una proposta libera delle loro insegnanti e si sono avventurati nella composizione di un frammento poetico.

Ecco le indicazioni di lavoro che hanno ricevuto e alcuni dei testi da loro prodotti (scarica qui).

e tutto mi sa di miracolo

Liberi di educare

Per far fronte all’emergenza COVID, numerosi soggetti coinvolti nel sistema educativo del Paese stanno cercando di attivare strumenti e risorse per garantire la libertà di educazione a ciascuna famiglia, a ciascun genitore e a ogni singolo studente. A partire proprio dalla libertà di educazione, diritto fondamentale ed elemento essenziale a sostegno della nostra passione educativa, riteniamo utile e importante pubblicare e condividere le iniziative che, in varie forme, le scuole paritarie e le associazioni ad esse legate nei vari ambiti, stanno portando avanti e nelle cui istanze ci riconosciamo.

In tal modo si cerca, così, di dare voce alle necessità delle scuole, anche economiche, emerse in questo drammatico periodo, nel solco del più ampio quadro di completamento del processo di equiparazione, iniziato 20 anni fa con l’entrata in vigore della legge n.62 sulla parità scolastica, ma ben lungi dall’essere giunto a perfezione.

  1. Lo scorso 22 aprile nell’ambito del dibattito parlamentare relativo al decreto-legge n. 22/2020, sulla regolare conclusione dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato si è svolta l’audizione nella VII Commissione del Senato. È intervenuto, tra gli altri, l’avv. Marco Masi, presidente della CDO – Opere Educative a cui la Fondazione è associata (qui il testo).
  2. Nelle ultime settimane sono sorte diverse iniziative, che mirano a dare voce alle richieste avanzate al Governo Italiano in materia di detraibilità delle rette scolastiche e sostegno agli istituti paritari, tra cui, in particolare, la petizione rilanciata dall’AGESC Lombardia
  3. In data 11 maggio, è stato emanato un comunicato stampa, firmato da diverse associazioni rappresentanti la gran parte delle scuole paritarie italiane, per rimarcare le insufficienti azioni sinora definite dal Governo Italiano.
  4. Il 18 maggio è stato pubblicato il comunicato stampa della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, in riferimento alla situazione delle scuole paritarie.

Straordinario quotidiano. And the winner is…

480 ragazzi appartenenti a 13 scuole lombarde hanno accettato alla proposta dei nostri professori di arte della Scuola Secondaria di partecipare a un concorso fotografico dal titolo Straordinario Quotidiano. Dopo quasi due mesi la giuria, composta da Giovanni Gazzaneo, responsabile di Luoghi dell’Infinito (mensile di Avvenire) e presidente Fondazione Crocevia, e Max Mandel, fotografo e ricercatore iconografico, ha decretato i vincitori tra i 39 finalisti.

And the winner is…

classifica finale

1° classificato

Luca Ambrogi, Lo specchio di un bambino

«Non serve per forza uno spettacolare paesaggio per fare una bella fotografia: basta solo l’attenzione ai particolari, alle luci e alle ombre». È così. Nell’immagine e nel commento di Luca c’è una piena e già matura consapevolezza dello sguardo fotografico, e del proprio sguardo sul mondo. E quel gioco lieve tra gli oggetti del quotidiano e la nostra presenza, che costituisce l’orizzonte della nostra esistenza.

 

 

 

2° classificato, ex aequo

Leonardo Guarda, Sognando il mare

Dietro a questa immagine fresca e immediata c’è uno sguardo che va oltre, al di là del “soprammobile souvenir”: oltre lo spazio, con lo sdoppiamento della statuina nella sua ombra; oltre il tempo, con la statuina come ricordo del passato e speranza nel futuro. Uno sguardo allo stesso tempo divertito, nella luce e nei colori, e riflessivo, nella composizione che apre all’infinito.

 

 

 

 

Molari Kabitu, Riflettendo se stessi

«È nella solitudine […], che ognuno di noi può ritrovarsi e conoscere appieno se stesso».

È un’immagine che va al di là del “ritratto”; in questa foto ognuno di noi può vedersi riflesso. Coglie il senso profondo di quel che stiamo vivendo. Il nostro essere soli è il punto di partenza per il grande viaggio che tutti siamo chiamati a fare: il viaggio dentro noi stessi.

 

 

 

3° classificato, ex-aequo

Marta Passarelli, Luna domestica

Anche questo è uno sguardo che va oltre: si concentra dapprima sull’essenzialità geometrica dell’immagine e, quando con stupore ci accorgiamo dello spicchio della luna, siamo trasportati in un oltre che supera gli angusti confini della cucina.

 

 

 

 

 

 

 

Dario Pelis, Il sole visto da qui

Il sole, il cielo, le nuvole: elementi che si compenetrano quotidianamente ai nostri occhi, e che qui la veneziana filtra, suddivide, separa ma al tempo stesso unisce in uno spazio in cui la quarta dimensione è il pensiero. Una magia che nasce prima ancora che dall’obiettivo dalla capacità di vedere e di non distrarsi. Neppure davanti a delle semplici veneziane.

 

 

 

Segnalati

Maria Chiara Bertani, Lo sguardo di semplicità

Il volto del neonato illuminato e gli occhi che guardano lontano ci raccontano di una speranza che non va cercata fuori da noi, ma proprio in noi. Il piccolo figlio d’uomo è la grande speranza che non muore, è la forza della vita umana che, per quanto piccola, per quanto fragile è davvero più grande di qualsiasi cosa creata nei cieli e in terra.

 

 

Camilla Bianchi, New

Un’immagine che va letta come un racconto. In una dimensione un po’ straniante. Quasi onirica. Come diceva il saggio: non c’è tenebra così oscura che non possa essere illuminata dalla luce di un fiammifero…

 

Emma Fantini, Silver Lining

Bella la composizione, e la scelta del punto di vista, dalla parte dei birilli; bello il gioco di luci e ombre. Suggestivo l’uso del monocromatico. Un’immagine quasi metafisica: i birilli ci richiamano lo spaesamento delle figure di De Chirico, così come le ombre presenti in questa immagine ci proiettano nelle piazze del Pictor Optimus.

 

 

Benedetta Maggioni, Riflesso di stanze

Un fotografia che a prima vista può sembrare “semplice”. Ma è un riflesso carico di riflessioni. Quelle presenti nel testo che accompagna l’immagine, e quelle che hanno portato alla scelta dell’inquadratura, anzi, delle inquadrature nei diversi riquadri del mobile. Così un semplice arredo può diventare una storia.

 

Andrea Magni, La nostalgia della libertà

Questa immagine nella sua essenzialità dice tutto. La figura dà il senso della solitudine e insieme dell’attesa. Intelligente la scelta di non tenerla al centro della scena, lasciando più spazio davanti a lei, là dove va lo sguardo, che, grazie anche alla progressiva sfocatura del tavolato, si perde così nell’infinito.

 

Caterina Tesoro, Presente

«Il soggetto della mia foto è una bambina affacciata ad una finestra. La bambina è mia sorella. È una presenza, è il mistero più grande di tutti: la vita del prossimo. In questa foto ci sono tre elementi: il soggetto, la bimba; la cornice, la finestra; e le tende, che sono come un sipario. Dietro questo sipario, prima, si nascondeva la fragilità che il mondo faceva finta di non avere. Poi è arrivata l’emergenza coronavirus, e il mondo non ha potuto tenere nascosta la sua debolezza. Il sipario si è aperto come le tende tra le mani di questa bambina. Il titolo di questa foto richiama una citazione tratta da un film: Yesterday is a history, tomorrow a mistery and today a gift… that’s why we call it present. Questa bimba è un regalo per me, ma quello che sta accadendo è un presente per tutti: bisogna cambiare punto di vista per capirlo». Nella semplicità dell’immagine, e delle parole, di Caterina c’è il dramma, ma anche la  bellezza, della nostra vita ai tempi della pandemia.

Scarica qui il giudizio della giuria e le motivazioni

Premi

1° classificato

Canon modello Power Shot SX 430 is

2° classificato ex aequo

Nikon Cool Pix

3° classificato ex aequo

Set Di 21 Elementi Matite Pitt Medium Per Artisti 112976

A tutti i premiati e a tutti menzionati

Una fotografia originale firmata e in tiratura limitata di Max Mandel

 

 

Liceo Classico – Manzoni per comprendere questi strani giorni

Un compito assegnato di analisi del testo sulla lettera di Manzoni a monsieur Chauvet è l’occasione per una studentessa del liceo classico di cogliere nelle parole di Manzoni una lente per leggere e comprendere questi strani giorni.

Risposte riguardo alla lettera a Monsieur Chauvet

Manzoni afferma che la mente dell’uomo è attratta dal conoscere l’uomo, nello scoprire quello che vi è di autentico e di intimo nella sua natura, nel vedere l’effetto dei fenomeni esterni sulla sua anima, il fondo dei pensieri dei quali è spinto ad agire; nello scoprire, in un altro uomo, sentimenti che possono suscitare in lui noi un’autentica consonanza. Rileggendo alcuni passi dei Promessi sposi in questo periodo così particolare mi sono accorta moltissimo di questo. Un passo che avevo letto anni fa e che non mi aveva colpito particolarmente ora mi emoziona e lo rileggo più volte come ad aumentare l’emozione che mi suscita. Ed è sorprendente come le persone di un periodo così lontano siano identiche a noi oggi. Con le nostre stesse paure, timori, confusione ma anche sentimenti buoni come la fratellanza e la pietà. Il fatto è che oggi come allora siamo posti davanti a una malattia che non si conosce e che non si sa ancora come curare e che inevitabilmente dobbiamo affrontare sia come singoli che come comunità. Ma c’è una grande differenza: i social. Questi non solo ci informano ma con foto trasmettono in un secondo tutto ciò che c’è di umano nella sofferenza altrui. Molti sono i passi che rileggendo ho sentito presenti oggi e mi era impossibile mentre leggevo non pensare a quanto avevo visto minuti prima su Instagram o Twitter.

Ogni social media è pieno di foto simbolo come questa di questi uomini che danno tutto se stessi per gli altri. Una carezza che in altre circostanze sarebbe scontata qui diventa un atto di umanità grandissima. Questa foto è stata fatta all’ospedale di Varese non troppo lontano da qui nel reparto di terapia intensiva. C’è qui lo stesso fraterno affetto che immagino provasse Padre Felice Casati quando si occupava dei malati al lazzaretto. La stessa dedizione dei frati ora è impiegata dai medici.

E perciò l’opera e il cuore di que’ frati meritano che se ne faccia memoria, con ammirazione, con tenerezza, con quella specie di gratitudine che è dovuto, come in solido, per i gran servizi resi da uomini a uomini, i più dovuta a quelli che non se la propongono per il compenso.

Qui un’immagine presa durante una rivolta a Nairobi, Kenya dopo l’imposizione delle misure restrittive. Una folla si scaglia su una distribuzione di cibo organizzata dal governo per sopperire alla scarsità di risorse. La polizia ha sedato la folla con gas lacrimogeni e percosse. Gente affamata che non è più disposta a sopportare. Questa è infatti una pandemia che non ha conseguenze solo nell’immediato ma che si mostrerà con il pugno duro anche nei prossimi anni con forti crisi economiche che graveranno sulla popolazione di tutto il mondo soprattutto sulle economie più deboli. Viene facile paragonare questi eventi con il tumulto di San Martino e l’assalto ai forni.

S’accosta al ragazzetto, avventa la mano all’orlo della gerla, dá una stratta, e dice: “lascia vedere.“ Il ragazzetto diventa rosso, pallido, trema, vorrebbe dire: “lasciatemi andare.“ Ma la parola gli muore in bocca; allenta le braccia, e cerca di liberarle in fretta dalle cinghie.“Giù quella gerla“. Si grida intanto. Molte mani la afferrano a un tempo: È in terra; si butta per aria il canovaccio che la copre: una tepida fragranza si diffonde all’intorno. “Siamo cristiani anche noi: dobbiamo mangiare anche noi,” dice il primo; prende un pan tondo, l’alza, facendolo vedere alla folla, l’addenta: mani alla gerla, pani per aria; in men che non a dice fu sparecchiato.

Una grande fossa ad Hart Island, New York, nel Bronx, dove vengono seppelliti i corpi non reclamati e dove la sepoltura è poco costosa. I corpi vengono sepolti in bare di pino e su ogni bara viene scritto il nome della persona deceduta. Lo stato di New York è il posto con più contagi accertati al mondo. Come una città tanto importante possa essere abbattuta in così poco tempo e spaventoso. Talmente tanti sono i morti che I newyorkesi non sono in grado di seppellirli se non in fosse comuni. La vita spezzata. cosa resta? Una targa su una cassa di pino. Solo il nome. Nessun famigliare, nessuna veglia, solo terra e morte. Ho pensato a Cecilia, la bambina morta per peste di cui parla Manzoni. Anche lei è stata sepolta nelle fosse comuni, ma per lei è diverso. La madre l’ha tenuta con sé fino all’ultimo. L’ha preparata come per una festa, si è assicurata che fosse sepolta così. Per quanto sofferta non pensò esista una morte più dignitosa di questa. La premura e l’affetto della madre che non l’abbandona mai.

La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutto consapevole e presenta sentirlo

[…] portava messa in collo bambina di forse nov’anni, morta; ma tutto bene accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur braccio, col petto appoggiata al petto, come se fosse stata viva. […] della madre, ché, se anche la somiglianza de’ volti non avesse fatto fede, l’avrebbe detto chiaramente quello de’ due ch’esprimeva ancora un sentimento.

Viviamo in momento estremamente delicato che farà la storia. La gente soffre ed è stanca. Non so se questo porterà in futuro a una maggiore memoria o a un interrogarsi sulle ragioni per cui agiamo e quindi a un miglioramento; per ora ha fatto affiorare la nostra umanità finora latente. Ci siamo ricordati all’improvviso di non essere singoli nel nulla ma di essere membri di una comunità e come tali dobbiamo aiutarci a vicenda. Piccole cose, piccoli attori di umanità.

Lo so che questo non è un tema vero e proprio ma non vedo come le mie parole avrebbero potuto esprimere tutto questo se non così.

Caterina Tettamanti 

14 aprile 2020

 

Straordinario Quotidiano. I finalisti

In tutto, ma proprio tutto, c’è la vita che scorre. Questa frase dei due giurati del Concorso Straordinario Quotidiano Giovanni Gazzaneo, giornalista e coordinatore di “Luoghi dell’Infinito” di Avvenire, e Max Mandel, fotografo e ricercatore iconografico, descrive alla perfezione la proposta e il lavoro svolto dai 480 ragazzi delle 13 scuole coinvolte.

Il raccontare attraverso uno scatto come, in una situazione come quella attuale, il nostro occhio cada e si soffermi su un particolare, pieno di fascino, qualcosa che avevamo sempre visto ma che ora vediamo in modo nuovo. E tutto cambia. Perché tutto custodisce quella promessa di bellezza che abbiamo visto in quel particolare.

Qui di seguito potete leggere il bellissimo messaggio che Gazzaneo e Mandel ci hanno voluto mandare e in allegato tutti gli scatti realizzati dai ragazzi selezionati dalle 13 scuole per partecipare alla finale. Il tutto in attesa di giovedì, quanto conosceremo il nome dei vincitori.

“Il mistero non è al di là della presenza delle cose, ma tutto custodito da quella presenza”

Massimo Recalcati

La bellezza è nello sguardo. Lo sguardo della madre per il suo bimbo. Lo sguardo dell’amata per l’amato. Vedere col cuore è cogliere una bellezza che altrimenti è preclusa, perché sempre oltre il puro apparire. La bellezza sa inabissarsi nel profondo, abita le radici del nostro essere: è l’immagine divina di cui siamo fatti.

Vogliamo innanzitutto ringraziare i ragazzi che hanno partecipato a questo concorso: avete realizzato immagini che ci hanno colpito. Siamo rimasti stupiti dal vostro saper guardare, saper cogliere le cose, ma soprattutto voi stessi e i vostri cari. In tutto, ma proprio tutto, c’è la vita che scorre: in questa vostra e nostra quotidianità chiusa in una casa, a volte in una stanza, nonostante le porte chiuse, nonostante il mondo che sembra scomparso e possiamo abbracciare solo da una finestra, o da un balcone, o dallo schermo dei nostri computer, nonostante le cose che ci mancano e che ci sono care e che sono parte importante dell’esistenza, a partire dalla scuola, dagli amici, dallo sport…

Una vita che può essere bella, buona, vera nonostante tutti i limiti. Perché la nostra vita è oltre tutti i limiti, tutte le imperfezioni, tutti gli incidenti e tutti i virus di questo mondo. Ce lo avete mostrato voi con le vostre immagini tutte bellissime.

Ringraziamo anche i vostri professori e chi ha ideato questo concorso. Perché vi hanno dato la possibilità di esprimervi attraverso le immagini. Il nostro presente, come mai prima nella storia degli uomini, è povero di parole e sovrabbondante di immagini, immagini troppo spesso vuote, inutili, volgari. E in questa sovrabbondanza emergere le vostre immagini e sbocciare un piccolo miracolo: vere, belle, allegre o dolenti non importa, ma tutte piene di vita autentica. Sono piccole grandi icone, immagini che resteranno per voi e per noi.

Non perdete mai questo sguardo pulito e pieno di speranza, questo sguardo che non si lascia “chiudere” ma che va oltre. Uno sguardo che rispecchia i vostri giovani e bellissimi cuori. Vale la pena rimanere fedeli a questo sguardo che sa vedere.

Giunga a tutti voi il nostro grazie 

Giovanni Gazzaneo e Max Mandel

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