Liceo Classico – Cambiare atteggiamento
“Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema. Io non potevo cambiare la situazione e non posso tuttora, ma potevo cambiare il mio atteggiamento”.
Così Maria, studentessa di 5^ del Liceo Classico, racconta cosa è accaduto in questi strani giorni. Un altro dei tentativi sorti in questo momento di emergenza che stanno cambiando la vita delle nostre scuole e di chi le vive quotidianamente.
I primi giorni di quarantena continuavo a lamentarmi e a chiedermi il perché di questa situazione. Mi domandavo perché proprio quest’anno che è il mio ultimo da liceale, anno che dicono tutti essere il più bello, in cui si cresce tanto e si capisce molto di sé stessi. La prima settimana è passata così, tra una lamentela e l’altra. Poi ho capito che lamentandomi non avrei risolto nulla, non è di certo la mia lamentela che sconfigge il virus.
Dunque mi è venuta in mente una frase che da sempre mi sta a cuore: Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema. Ed era vero, io non potevo cambiare la situazione e non posso tuttora, ma potevo cambiare il mio atteggiamento. Così ho iniziato a smettere di lamentarmi e a stare di fronte alla realtà che mi era data anche se non era pensata e voluta da me. Il non poter fare ciò che avevo programmato e che desideravo, mi ha fatto veramente capire che la vita ci è stata data e, in quanto tale, non è nostra e non dipende da noi. Mai prima d’ora mi era stato chiaro che la vita è un dono e che non sono io che la faccio.
Inoltre, dovendo seguire le regole stabilite dal governo, bisognava passare l’intera giornata in casa.
Dunque avevo molto tempo a mia disposizione a cui non ero abituata, la vita normale era un continuo incalzare di impegni. Ho coltivato alcune mie passioni che, per la vita frenetica, non riuscivo a fare e ho avuto anche molto tempo per riflettere. Tante volte siamo succubi degli impegni e quasi non abbiamo neanche il tempo di fermarci a pensare.
Da queste riflessioni ho tratto ciò che ho imparato e sto imparando in questo periodo. In un periodo in cui non si poteva vedere nessuno e in cui non si aveva alcun tipo di contatto reale con gli altri, ho imparato a distinguere quali sono i rapporti per me significativi e quali no.
È stato evidente che avevo la necessità di sentire alcune persone e che questi rapporti potevano cambiare la giornata.
Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco, e non ce la fai più. E d’un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno – uno sguardo umano -, ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice.
Andrej Tarkovskij, Andrej Rublëv
Mi ha aiutato anche a capire chi mi vuole bene veramente. Ho notato che molti rapporti si sono solidificati e che c’è qualcosa di grande che li rende vivi.
Mi sono anche resa conto di quali sono gli ambiti in cui metto in gioco tutta me stessa, ambiti che sento vicini anche se lontani fisicamente. Ad esempio ho riscoperto il valore della scuola e della pallavolo. Prima questi luoghi erano per me un’abitudine e a volte ci andavo per obbligo e controvoglia, senza dargli troppa importanza. Quante volte abbiamo sperato in una nevicata che ci impedisse di andare a scuola? Adesso invece faremmo di tutto pur di tornarci.
In questi giorni difficili mi sono resa conto di quanto questi due ambiti siano incisivi nella mia vita. Sono ambiti in cui mi sento voluta bene e guardata per quella che sono , senza dover indossare maschere o altri mezzi per piacere e per essere accettata.
Chissà se un giorno butteremo le maschere/ che portiamo sul volto senza saperlo./ Per questo è tanto difficile identificare/ gli uomini che incontriamo.// Forse fra i tanti, fra i milioni c’è/ quello in cui viso e maschera coincidono/ e lui solo potrebbe dirci la parola/ che attendiamo da sempre.
Eugenio Montale
Mi hanno colpito molto i miei professori e il mio allenatore di pallavolo, il loro atteggiamento nei miei confronti: un domandare, un interessarsi non scontato, un essere presenti. Proprio dal loro atteggiamento è nato il mio desiderio di insegnare e di essere come loro.
Mi ha stupito anche la mia posizione nei confronti dello studio. Non avendo scadenze e pressioni ho avuto la possibilità di studiare cercando qualcosa per me. Non era uno studio finalizzato al voto, ma per una scoperta personale. Molte volte l’obiettivo di noi studenti è riuscire a fare più materie nel minor tempo possibile, così da potersi dedicare ad altro, rischiando però di perdersi il bello di ciò che si sta studiando. È stato impressionante come lasciandosi stupire e studiando avendo uno sguardo più attento e curioso, ho scoperto molte cose. Mi ha impressionato in particolare leggere testi di autori vissuti molti decenni fa e trovare qualcosa di vero per me, ora.
La cosa più preziosa che ho imparato da questo periodo è il valore delle singole cose. Ho appreso che nulla è scontato e solo ora sto capendo quanto valore può contenere un piccolo gesto. Vedere un amico, dare un abbraccio, prima era un’abitudine ed erano gesti di cui non mi rendevo conto dell’importanza che avevano. Per esempio, prima sottovalutavo lo stare in famiglia. Ognuno aveva i suoi impegni e i suoi orari quindi era già difficile fare una cena insieme. Invece in questa circostanza ho riscoperto ogni singolo componente di essa e mi sono accorta di quanto siano fondamentali. Ho recuperato il valore dello stare in famiglia.
Abbiamo vissuto il virus da protagonisti, mio papà è stato ricoverato e questo indubbiamente ha portato a molti pensieri e paure. In casa dunque è subito cambiato il clima, ognuno doveva pensare anche agli altri, aiutare nelle piccole cose quotidiane, curare i fratelli piccoli. C’era un’attenzione reciproca commovente che permetteva di stare di fronte a una realtà che nessuno avrebbe voluto.
Io mi sento molto arricchita e ho conosciuto tanti miei aspetti che prima ignoravo o mi erano oscuri. Penso sia stato un periodo significativo per tutti per comprendere fino in fondo ciò che ci sta a cuore. Ho voglia di tornare alla realtà di tutti i giorni con una nuova consapevolezza.
Da questo periodo in poi non potrò più dare nulla per scontato e ogni gesto sarà ricco di un valore immenso. Inizierò a guardare ciò che mi è dato come un dono e, memore di quanto ho scoperto in questo periodo, starò di fronte alla realtà essendoci pienamente.
Caro Theo,
ti scrivo per dirti quanto ti sono grato della tua visita.
Quando ti ho rivisto e ho preso a camminare con te, ho avuto una sensazione che da tempo non provavo più, come se la vita fosse qualcosa di buono e prezioso da tener caro. Mi sono sentito più vivo e più allegro di quanto non mi sia sentito da molto tempo, poiché man mano la vita è diventata per me meno importante, meno preziosa e quasi indifferente. Almeno, così credevo. Quando si vive con gli altri e si è uniti a loro da un affetto sincero, si è consapevoli di avere una ragione di vita e non ci si sente più del tutto inutili e superflui: abbiamo bisogno l’uno dell’altro per compiere lo stesso cammino come compagni di viaggio, ma la stima che abbiamo di noi stessi dipende molto anche dai nostri rapporti col prossimo.
Vincent Van Gogh
Maria Cardani, 5^ Liceo classico