Dalle lezioni un dialogo serrato con gli studenti

“In certi momenti di silenzio interiore, in cui l’anima nostra si spoglia di tutte le finzioni abituali, e gli occhi nostri diventano più acuti e più penetranti, noi vediamo noi stessi nella vita…”
Una docente, preparando le lezioni di letteratura on line, si accorge della possibilità di un dialogo serrato e profondo tra lei, gli studenti e gli autori.
E lei prof come sta?

 

Un giorno di settimana scorsa mi sono connessa per una lezione in video conferenza con una classe e, grazie a una semplice domanda di un’alunna (“E lei prof. come sta?”), mi sono resa conto di quanto siano preziosi per me i ragazzi in questa situazione, che cosa significhi poter entrare in contatto con loro durante le mie giornate chiusa in casa. Se nei giorni precedenti ero molto concentrata sulla fatica che comporta usare le nuove modalità online per offrire un servizio agli studenti, in quel momento mi sono accorta che io innanzitutto avevo e ho bisogno di loro. Quando mi connetto è come se entrasse un po’ il mondo nella mia stanza perché le loro domande e la loro sete di sapere mi obbligano a restare con la mente spalancata e a non intorpidire l’anima. Durante la video-lezione, a partire da alcuni versi di Dante, un ragazzo ha posto una domanda sui concetti di bene e male; si è aperta una discussione a riguardo e mi sono stupita per il fatto che il dialogo sia proseguito anche oltre l’orario della lezione, tanto era vivo nello studente il desiderio di spiegare meglio il suo pensiero.

 

Questa strana circostanza un’occasione

 

Ho preparato poi le altre lezioni e anche in quel momento mi sono accorta che questa strana circostanza si sta rivelando un’occasione. Leggendo i versi danteschi in cui Marco Lombardo lamenta l’assenza di un’autorità politica che guidi l’Italia e l’ingerenza del Papa che si interessa sia del potere spirituale sia di quello temporale, mi sono chiesta: quale esperienza sta facendo il nostro paese delle due autorità in questi giorni? Come i capi politici e il Papa ci stanno guidando?

 

Leggendo l’umorismo di Pirandello

 

O ancora, leggendo L’umorismo di Pirandello, mi è capitato di riflettere su quelle che l’autore definisce le forme del quotidiano: «La vita è un flusso continuo che noi cerchiamo d’arrestare, di fissare in forme stabili e determinate, dentro e fuori di noi […]. Le forme […] sono i concetti, sono gli ideali a cui vorremmo serbarci coerenti, tutte le finzioni che ci creiamo, le condizioni, lo stato in cui tendiamo a stabilirci. […] In certi momenti di silenzio interiore, in cui l’anima nostra si spoglia di tutte le finzioni abituali, e gli occhi nostri diventano più acuti e più penetranti, noi vediamo noi stessi nella vita, e in sè stessa la vita, quasi in una nudità arida, inquietante; ci sentiamo assaltare da una strana impressione, come se, in un baleno, ci si chiarisse una realtà diversa da quella che normalmente percepiamo, una realtà vivente oltre la finzione colorata dei nostri sensi, oltre la vista umana, fuori delle forme dell’umana ragione. Lucidissimamente allora la compagine dell’esistenza quotidiana, quasi sospesa nel vuoto di quel nostro silenzio interiore, ci appare priva di senso, priva di scopo; e quella realtà diversa ci appare orrida nella sua crudezza impassibile e misteriosa, poiché tutte le nostre fittizie relazioni consuete di sentimenti e d’immagini si sono scisse e disgregate in essa».

 

Esistenza quotidiana

 

Certamente Pirandello denuncia la vanità di tutte le forme vuote in cui l’uomo si ingabbia, denuncia il formalismo. Ma leggere questo passo ha suscitato in me molte domande: in questi giorni, in cui ho spesso l’occasione di fare silenzio interiore e di ripensare alla mia vita quotidiana che non c’è più, scopro che essa era fatta solo di forme apparenti e vuote? L’esistenza quotidiana mi appare priva di senso? I rapporti con gli alunni, con i colleghi o con i miei superiori erano solo rapporti fittizi tra chi riveste un ruolo? E’ vero che c’è il rischio di trattarli come tali e di vivere la vita in modo formale ma risponderei con forza di no a queste domande; mi si è illuminata la consapevolezza di quanto grande sia la nostalgia di quelle forme del mio quotidiano lavorativo, che non sono forme vuote ma piene di sostanza, tanto che quegli stessi rapporti di tutti i giorni mi stanno accompagnando e sostenendo anche ora che la scuola non c’è.
Benedetta Ziglioli